lunedì 12 maggio 2014

26 MAGGIO 2014 Beethoven - Sonata per pianoforte op. 109 - Adele Cacciatore


SONATA PER PIANOFORTE OP. 109
di Ludwing van Beethoven



La Sonata per pianoforte n.30 in mi maggiore op. 109 è la terzultima delle 32 composte da Beethoven. Apparve nel novembre 1821 e fu dedicata dal musicista con una lettera affettuosa a Fraulein Maximiliana, figlia diciannovenne di Franz Brentano, l'amico provvido e generoso che in quegli anni difficili era diventato per il maestro (ma con una liberalità e una sollecitudine ben maggiori) ciò che il commerciante framassone Michael Puchberg era stato per Mozart. La ricerca di una nuova razionalità strutturale e dialettica nella successione dei brani che costituiscono la Sonata, sembra essere qui il principale problema formale che assilla Beethoven e che egli risolve a favore di una geniale asimmetria di strepitosa novità: non più tre o quattro movimenti distribuiti secondo il tradizionale principio dell'equilibrio interno, né due Allegri monumentali collegati da un breve e succoso tempo lento, come nell'Aurora.

La sonata n. 30 è suddivisa nei seguenti 3 movimenti:


Carattere introduttivo e quasi improvvisatorio, col suo incipit preludiante su un basso che procede per armonie volutamente "ingenue" e
Autografo della prima pagina della sonata Op. 109
"convenzionali", possiede il primo tempo: un vero movimento in forma-sonata (e non una fantasticheria rapsodica, come è stato spesso interpretato) sia pure trasfigurato nella nuova dimensione strutturale che è tipica dell'ultima maniera beethoveniana. Qui il secondo tema appare infatti addirittura come un organismo a sé stante e completamente indipendente per tempo (Adagio espressivo), ritmo e materiale tematico dal resto del brano: una vera e propria "immagine" musicale autonoma e strutturalmente integrata, così come ne troveremo, con il salto di un secolo e di tutta la civiltà strumentale romantica, fedele ad ogni costo al principio della "unitarietà" sonatistica. 



Incipit del Prestissimo (secondo movimento)
Anche il Prestissimo in mi minore si articola nelle strutture di un movimento in forma-sonata; ma quanto il tempo precedente appariva vario, fluttuante e dai contorni imprecisi, altrettanto questo è meravigliosamente unitario e stringato; e se il primo era avveniristico, il secondo è solidamente impiantato nella temperie espressiva cavalleresca e appassionata di un Romanticismo già schumanniano.



Il tema del terzo movimento: Andante molto cantabile ed espressivo
Come si è detto, entrambi i movimenti iniziali introducono e preparano al mirabile edificio del «Tema variato», primo esempio, e tra i più insigni, di ciò che l'arte della variazione è divenuta per il Beethoven degli ultimi capolavori. Il tema, sorta di sarabanda angelica dall'arco armonico e melodico della più ortodossa purezza (modulazione dalla tonica alla dominante nella prima parte, ritorno alla tonalità fondamentale nella seconda, il tutto nella sacramentale quadratura delle otto battute più otto) raggiunge, attraverso le sei variazioni, una progressiva sublimazione e smaterializzazione. Lungo il suo cammino si aprono giardini dove sbocciano le più pure melodie sul nudo stelo di radi ed elementari accordi, come nella prima variazione; o sentieri già sperimentati, ma ripercorsi con l'entusiasmo del pioniere, come nella terza, in buona parte della quarta e nella quinta variazione, nelle quali Beethoven riscopre e fa suo il Bach delle Variazioni Goldberg. La sesta variazione, di gran lunga la più geniale e importante, porta alla polverizzazione del materiale tematico attraverso una straordinaria proliferazione di note nelle parti intermedie, che finiscono per dissolversi nel magico alone timbrico di un doppio trillo sulla dominante. Da questo luminoso barbaglio alla fine il tema riemerge, con un liquido scampanio nelle zone più acute della tastiera e sopra il fluttuare delle rapide figurazioni di biscrome della mano sinistra, per poi placarsi nella sommessa e nuda umiltà originaria dell'epilogo. Non si tratta, però, di un ritorno puro e semplice del tema, come avviene nelle Variazioni Goldberg: lievi ritocchi alla struttura primitiva, qualche raddoppio di ottava nel registro grave bastano per calare un'ombra crepuscolare su questo struggente congedo, per fare intendere attraverso quali avventure nel mondo del suono sia passata questa melodia piena di pace.

Segue qui in basso un breve ascolto del pianista austriaco Rudolf Serkin in una live performance del 1987. Buon ascolto!



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