sabato 13 settembre 2014

3 GIUGNO 2014 - D. Ellington - Take the A train - Chirico Flavia

3 GIUGNO 2014 – D. Ellington – “Take the A train” – Chirico Flavia
Quadro storico – musicale di riferimento:
Nella prima metà degli anni ’30, l’evoluzione del jazz si scontrò con la grave depressione economico-sociale che colpì la borsa di Wall Street, marchiata dal «Venerdì nero» del 29 ottobre 1929. Una delle più preoccupanti conseguenze fu l’enorme crescita della disoccupazione, che colpì anche i musicisti, sia bianchi e sia neri, poiché molti locali chiusero, mentre altri si accontentarono di musiche registrate; anche le case discografiche risentirono della grave depressione economica. La grave disoccupazione di quegli anni, portò i musicisti a impiegarsi in altri e spesso umili mestieri, mentre i più in voga, come Armstrong ed Ellington, tentarono di trovare un nuovo pubblico in Europa. In epoca di proibizionismo, ovvero tra il 1920 e il 1933, erano di norma ingaggiate buone formazioni jazzistiche, per smerciare alcol nei locali controllati dalla criminalità organizzata. 
Duke Ellington -Take the A Train- 1939

Duke Ellington & his orchestra - Take the 'A' train (live in Berlin 1969)


Diana Krall - Take The A Train


In a Sentimental Mood - Duke Ellington & John Coltrane


Sophisticated Lady - Duke Ellington and his orchestra



Dai primi anni ’20, la storia del jazz e la storia dei suoi dischi iniziò a combaciare; anche l’innovazione tecnologica contribuì all’evoluzione del jazz, infatti, nel 1926 vennero introdotti i primi microfoni, utilissimi nelle sale di registrazione. Il jazz acquistò nuova linfa, solo in seguito alla ripresa economica che si registrò durante l’età del New Deal Rooseveltiano. A metà degli anni ’30, erano in piena attività numerose formazioni jazzistiche, con leader quali Duke Ellington, che sembrava non aver mai sofferto alcuna crisi, e Benny Goodman, un caporchestra bianco che si assunse il merito di un improvvisa fioritura di un nuovo stile del jazz. Il 21 agosto 1935 rappresenta la data di inizio di un movimento e di un’epoca nuova per il jazz, in occasione di una serie di serate organizzate al Palomar Ballroom di Los Angeles. Iniziò così il decennio dello Swing Era, ovvero il periodo «classico» del jazz, il suo fondamento ritmico; il termine, infatti, indicò il diffondersi della musica popolare fino alla fine della seconda guerra mondiale. Accanto allo sviluppo delle grandi orchestre, nella seconda metà degli anni ’30, assunsero particolare importanza le piccole e medie formazioni. Fu proprio in questi organici che il jazz si presentò come musica anche «da ascoltare», intuizione che Luis Armstrong ebbe quasi dieci anni prima. La grande novità, introdotta da Duke Ellington e da Count Basie, fu l’elevato numero di grandi solisti all’interno delle loro formazioni, rispetto all’introduzione della classica unica «star». Rispetto al jazz di New Orleans, ritmicamente l’accento si sposta sul secondo e quarto tempo della battuta, con effetti di «sospensione» e di «propulsione». Particolare attenzione viene riposta sull’aspetto armonico dei brani, ovvero si adottano accordi preordinati entro uno schema, o «giro», sul quale si svolgevano esposizione del tema e improvvisazioni. In tale contesto, assunse crescente rilievo la figura dell’arrangiatore, dimostrato dal lavoro di Sy Oliver, fra il 1933 e il 1939. La Swing Era si considera chiusa con la morte improvvisa di Glenn Miller, conosciuto da tutti come leader di una popolarissima orchestra bianca divenuta in seguito una grande band militare a sostegno dello sforzo bellico statunitense, scomparso durante un volo sulla Manica il 15 dicembre 1944.


Edward Kennedy Ellington o meglio noto come Duke Ellington, a differenza della maggior parte degli uomini del jazz, cresciuti nei più squallidi sobborghi di qualche grande città americana, era nato a Washington, il 29 aprile 1899, in una decorosa famiglia della piccola borghesia nera; il suo vero nome è Edward, ma ben presto un vicino di casa lo soprannominò Duke, poiché era un soprannome che “suonava” bene. Il padre decise di dargli una buona educazione, fin dalla più tenera età prese lezioni di pianoforte e frequentò le scuole medie, fino a quando, verso i diciotto anni, il ragazzo decise di interrompere gli studi e di rinunciare ad una borsa di studio che gli era stata offerta per frequentare i corsi di disegno presso una scuola di arti applicate a Brooklyn. Nel giro di pochi anni, Duke fece tanti lavori, tra i quali quello del pianista, infatti, fece inserire nella guida telefonica un annuncio pubblicitario, che asseriva «Musica per tutte le occasioni». A volte, riusciva a inviare ai suoi vari clienti fino a quattro o cinque orchestre in una sera. I consistenti guadagni gli permisero di sposarsi, appena diciannovenne; la sposa si chiamava Edna Thompson, che nel 1919 gli diede un figlio di nome Mercer, ma dalla quale divorziò ben presto. A Washington, la sua reputazione da musicista si consolidava sempre di più e Duke sentì la necessità di migliorare la propria preparazione professionale. Oltre a prendere insegnamenti e suggerimenti dai maestri di ragtime incontrati nei caffè e nelle sale da ballo della città, prese esempio dalla maestria con cui il pianista James P. Johnson improvvisava sulle note di un popolare motivo ‘Carolina shout’. Nel frattempo, alcuni musicisti, ancora alle prime armi e assetati di fare esperienza, si radunarono intorno a Duke, come Otto Hardwick, Elmer Snowden, Arthur Whetsol, Sonny Greer e Fats Waller. Nel 1923, a Manhattan, Duke e i suoi compagni incontrarono Ada Smith, che li fece assumere al Barron’s, un elegante locale di Harlem. All’inizio il quintetto fu diretto da Snowden, poi il comando passò a Duke, che sostituì il banjoista con Freddy Guy. Quest’ultimo si unì al complesso in tempo per il suo esordio in un locale notturno ancora più importante, situato all’incrocio della 49° Strada con Broadway: l’Hollywood Cafè, ovvero, un sotterraneo che, dopo essere stato rinnovato in seguito a un incendio, assunse il nome di Kentucky Club, dove vi potevano trovar posto 130 persone, fra turisti, membri dell’alta società e personaggi del mondo dello spettacolo. L’orchestra si fece onore e rimase nel locale per più di quattro anni. Una sera entrò nel locale Irving Mills, ovvero un impresario ed editore musicale influente, che offrì a Duke la possibilità di incidere diversi dischi, soprattutto come accompagnatore di cantanti senza discostarsi da quello stile giungla che alla fine degli anni Venti era in voga nei cabarets di Harlem. A partire dal dicembre 1927, Duke e la sua orchestra si esibirono per oltre tre anni al Cotton Club di New York. In mezzo ai clienti non mancavano coloro che venivano principalmente per l’orchestra ellingtoniana, come Igor Stravinsky, Leopold Stokowsky e George Gershwin. Nel 1930 Duke presentò uno dei suoi pezzi più suggestivi, ovvero Mood Indigo; mentre Creole rhapsody, rappresentò il primo saggio di composizione di un certo respiro e che segnò l’inizio della carriera di Ellington come fecondo compositore di suites jazzistiche. Nel 1933, esordisce a Londra al Palladium con notevole successo, anche se alcuni puristi britannici del jazz, lo criticarono per aver scritto una canzone zuccherosa come Sophisticated lady, che, invece, è una delle sue più memorabili composizioni. Nei mesi successivi, films e incisioni accrebbero la fama dell’orchestra; i dischi migliori si intitolarono Solitude, ovvero forse la canzone più popolare che Ellington abbia scritto. Reminiscin’ in tempo, invece, è una composizione in quattro parti, della durata di dodici minuti, è la sua composizione più ambiziosa del 1935. Negli anni Trenta, il jazz tornato in voga con il nome di swing, divenne più dinamico e sciolto e fu proprio in questo periodo che Ellington presentò il disinibito In a jam. Nel 1941 fu inciso per la prima volta il glorioso Take the A train, che sarebbe rimasto per sempre la sigla dell’orchestra, ovvero un pezzo scritto con straordinaria abilità, che mette allegria, considerato uno dei capolavori del jazz. L’inserimento di Billy Strayhorn nell’organizzazione ellingtoniana segnò l’inizio di un periodo di splendore per l’orchestra, definito l’alter-ego di Duke. Il suo nuovo agente, William Morris, gli propose di scrivere una lunga suite da presentare alla Carnegie Hall e così nacque la sua opera più importante, ‘Black, Brown and Beige’, ovvero una composizione della durata di poco meno di un’ora che offre una straordinaria abbondanza e varietà di temi e di atmosfere. La suite fu eseguita per la prima volta il 23 gennaio 1943 e si propone di illustrare la drammatica storia del negro in America, che è «black» negli anni della schiavitù, che diventa poi «brown» e infine «beige» nei decenni successivi, via via che si procede nel faticoso cammino verso l’integrazione, peraltro non compiuta. Dopo aver toccato il fondo tra il 1953 e il 1954, l’orchestra e con essa il suo leader cominciarono a risollevarsi nel biennio seguente quando Ellington presentò un’altra felice e impegnativa composizione intitolata Night creature, eseguita con diverse orchestre sinfoniche e registrata anni dopo in Europa. Nel 1956, l’orchestra ellingtoniana si esibì al ‘Festival del jazz di Newport’ dove ottenne un successo delirante e dove Duke guadagnò qualcosa come venticinque milioni di dollari. A partire dal 1963, Duke e la sua orchestra ebbero numerosi successi, soprattutto durante le tournèes transoceaniche, in Europa e in Giappone. Il 16 settembre 1965, nella Cattedrale della Grazia di San Francisco, Duke realizzò uno dei progetti a cui pensava da tempo, ovvero il suo primo concerto di musica sacra; ne seguirono una cinquantina, anche se furono spesso criticati dagli ortodossi. Gli ultimi concerti furono presentati in Europa, anche insieme a Ella Fitzgerald. A mettere un po’ di ordine nell’amministrazione dell’orchestra ellingtoniana ci fu Mercer, il figlio di Duke, che per diversi anni aveva suonato e scritto pezzi per l’orchestra, come Things ain’t what they used to be, Blues erge e Jumpin’ pumpkins. In occasione del suo settantesimo compleanno, che fu festeggiato ovunque, fu onorato con Lauree ad honorem ed onorificenze di ogni tipo. Il Presidente Nixon, infatti, gli conferì la Presidential Medal of Freedom, ovvero la più alta onorificenza civile americana, durante un ricevimento dato in suo onore alla Casa Bianca. L’ultimo suo lavoro più importante fu la musica per il terzo Concerto sacro che fu presentato, sotto il patrocinio dell’ONU, nell’Abbazia di Westminster, a Londra, nell’ottobre del 1973. Compì il settantacinquesimo anno in un letto di ospedale, al Columbia Presbyterian Medical Center di New York, e lì potè leggere gli affettuosi messaggi augurali che decine di jazzmen gli avevano voluto inviare, tramite le colonne del «Down Beat», per dirgli del grosso debito di gratitudine che sentivano di avere verso di lui. «Tutti i musicisti – si leggeva ad esempio nel messaggio di Miles Davis – dovrebbero un certo giorno riunirsi per mettersi in ginocchio e dirti grazie». Il 24 maggio 1974 Duke cessò di vivere, colpito da un tumore ai polmoni. Il funerale ebbe luogo nella Chiesa di St. John the Divine, dove c’erano più di diecimila persone, compresi i giornalisti. In seguito, Mercer cercò di raccogliere le file dell’orchestra del padre, ma alcuni dei musicisti illustri scomparvero, mentre altri non se la sentirono di ritornare nell’orchestra. Solo nel 1981, Mercer diresse con grande successo un’orchestra con nuovi componenti, che fu chiamata ad eseguire le musiche di Duke inserite nella commedia musicale Sophisticated Ladies.


Le curiosità…

·         Duke Ellington ripeteva spesso che non si preoccupava dei posteri. «Noi – diceva, e alludeva anche ai suoi collaboratori – siamo egoisti. A noi basta che la nostra musica sembri buona oggi. Non lavoriamo per la posterità.» Non lo diceva per modestia, ma perché si rendeva conto del carattere particolarissimo della sua musica, che era sempre concepita in funzione degli stili individuali dei solisti di cui poteva disporre e che sceglieva con somma cura.

Take the A Train è uno standard jazz composto nel 1938 da Billy Strayhorn. Il suo titolo fa riferimento all'espresso 'A' della metropolitana di New York che all'epoca andava dall'estremo est di Brooklyn fino ad Harlem e all'estremo nord di Manhattan, connettendo quelli che al tempo erano i più popolosi quartieri di colore, Bedford Stuyvesant e Harlem. Divenne il pezzo di presentazione di Duke Ellington e spesso era il primo pezzo eseguito da Ella Fitzgerald nei suoi concerti. Questo standard presenta uno stile prettamente swing, tipico degli anni ’40, con una forma AABA, in tonalità di DO, ed ogni sezione è un distico. Ellington e la sua orchestra utilizzò il testo creato da Joya Sherrill, che a 17 anni (nel 1944) inventò le parole nella sua casa di Detroit ascoltando la canzone alla radio. Suo padre, un noto attivista nella comunità afroamericana di Detroit, organizzò un incontro con Ellington, che l'assunse come cantante e adottò il suo testo per Take the A Train. Nell'orchestra, il cantante che interpretò più spesso questo brano fu il trombettista Ray Nance, che aggiungeva spesso numerosi chorus in stile scat, e che fu anche l'autore dell'assolo nella prima registrazione. Di seguito le parole utilizzate per il brano:
You must take the A Train
To go to Sugar Hill way up in Harlem
If you miss the A Train
You'll find you've missed the quickest way to Harlem
Hurry, get on, now, it's coming
Listen to those rails a-thrumming (All Aboard!)
Get on the A Train
Soon you will be on Sugar Hill in Harlem







Le versioni più famose di Take the “A” train:
·         Il 26 settembre 1962 Duke Ellington e John Coltrane, registrarono l’album discografico dal Duke Ellington & John Coltrane. L’album fu pubblicato dalla Impulse! Records solo nel febbraio del 1963. Al suo interno fu eseguita una composizione che riprendeva il titolo di questo standard, Take The Coltrane, un gioco di parole scherzoso sul titolo del brano e il soprannome di Coltrane, "Trane" appunto.  

·         Con l’album Ella in Hollywood  del 1961, Ella Fitzgerald esegue una versione dal vivo di Take the A train, che contiene anche il caratteristico scat della sua voce.






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