sabato 14 giugno 2014

28 Maggio 2014, Chopin - Ballata in Sol Minore op. 23 - Adele Cacciatore

BALLATA IN SOL MINORE OP.23
di Fryderyk Chopin


La ballata è una forma poetico musicale che affonda le sue origini tra il milleduecento e il milletrecento. In epoca medievale era solitamente una composizione di origine popolare e nel tredicesimo secolo era composta da un ritornello e da una o più strofe in endecasillabi o settenari.
Venne utilizzata da Petrarca e Boccaccio. Più tardi si diffuse con l’accompagnamento di musica polifonica, i cui compositori di spicco furono Guillaume de Machaut e Francesco Landini.
Questa forma, sia dal punto di vista letterario che dal punto di vista musicale non riscontrò mai molto interesse nei compositori maggiori, nei secoli a venire. Questo almeno sino al milleottocento.
Con il presentarsi di nuovi cambiamenti politici e ideologici gli intellettuali stavano preparandosi a vivere quella che sia che per la letteratura che per la musica fu un periodo relativamente breve ma intenso culturalmente parlando: il Romanticismo.
È proprio in questo periodo che la ballata si ripresenta dal punto di vista letterario e musicale. La ballata del periodo romantico si carica di significati patriottici e nazionali.

Ma dal punto di vista della potenza espressiva  questo fu il periodo che senz’altro la portò ad essere una tra le forme musicali più complesse. Fryderyk Chopin fu colui che senza ombra di dubbio, elevò questa forma ad un equilibrio e ricchezza espressiva elevatissima. Nessuno dopo di lui fu capace di eguagliarlo. Altri composero ballate come Schumann e Schubert, utilizzando quasi sempre un accompagnamento musicale abbinato a una parte vocale.
Chopin sopperì alla mancanza delle parole in questo genere così suo, con l’amplificazione della drammaticità, della passionalità, della sofferenza. Portò ad essere la ballata una forma completa al pari di una forma sonata, ingigantendone le proporzioni, elaborandone ogni elemento che si presenta all’ascoltatore, alternando momenti di inquietudine a slanci di fuoco. Contrapponendo momenti di contabilità, a veri e propri conflitti psicologici, terminando spesso in passaggi virtuosistici di tale complessità da portare le ballate ad essere un vero monumento anche al virtuosismo più fine.
Chopin ne compose quattro in meno di 10 anni dal 1835 circa al 1842 nel periodo della sua maturità. Il motivo per cui Chopin si ispirò alla forma della ballata ci viene dato da Schumann, che nei suoi documenti sosteneva che l’ispirazione che lo portò a comporle gli fu trasmessa da Mackiewicz.
Era questo un poeta connazionale di Chopin che compose quattro ballate letterarie che avevano il titolo di Corrado Wallenroad, Switez, Ondine, I tre Budrys.
Fu consuetudine da quel momento ritenere che le composizioni del musicista erano, non solo state ispirate dalle forme letterarie del poeta ma erano anche un interpretazione musicale di ciò che era scritto. A tal riguardo spesso nel passato fu cercato di trovare una stretta correlazione tra le tematiche affrontate dal Mackievicz e i vari passaggi delle Ballate di Chopin senza però mai trovare niente che potesse dimostrare quanto sostenuto.
Va detto infatti che se tale cosa fosse stata nelle intenzioni di Chopin, quella cioè di rappresentare musicalmente il testo letterario, sicuramente lo stesso Mackievicz avrebbe riconosciuto in essa la rappresentazione di un suo poema. Cosa che mai avvenne.
Probabilmente Chopin fu invece rapito mentalmente dalla potenza delle tematiche affrontate, dagli aspetti epici, narrativi e fantastici, ed è su questo che costruì le sue opere.
Il tentativo ossessivo di dare un interpretazione letteraria di queste opere trovava forse motivazione nel cercare una guida per queste composizioni così complesse, quasi un esigenza per poter interpretare lo spirito tormentato del poeta.
Così come Chopin non lo si può pensare al di fuori di un ottica pianistica, così le ballate non possono essere pensate al di fuori di un ottica Chopiniana. Nella ballata c’è tutta l’essenza del compositore. Così come un pittore mette nel segreto di quel particolare colore tutta la sua vita, Chopin dona all’umanità tutto il suo genio, in questa forma. Con le quattro ballate viene consegnata alla storia musicale un lavoro completo dell’opera chopiniana.
Nelle ballate non manca nulla tecnicamente e stilisticamente di ciò che è presente nelle altre opere. Chopin cesella ogni battuta fornendola di note e tecnica pianistica che ricordano gli studi più complessi, arricchisce interi passaggi con una musicalità e espressività infinita che ricordano i Notturni, si perde nel delirio di passaggi infuocati che non fanno rimpiangere gli slanci degli Scherzi, si concentra in momenti malinconici che ricordano le Mazurche.
In una ballata ciò che si nota è l’aspetto psicologico del musicista che non trova più ispirazione da canoni e strutture prestabilite, ma trova ispirazione dal pathos interiore che affida la sua anima allo strumento come fosse un confidente.

Pietro Rilgalci commente e spiega la Ballata n.1 op.23

ANALISI

Le prime sette battute di questa composizione sono state scritte con un tempo di 4/4. Le alterazioni in chiave poste da Chopin sono due bemolli. Il che fa presupporre che il pezzo potrà iniziare in si bemolle o in sol minore.
Il pezzo inizia però con un Do. La mano sinistra e la mano destra eseguono le stesse note a distanza di un ottava.
 
Introduzione Ballata
L’effetto ricercato da Chopin è un probabile suono di violoncello molto legato. A dimostrarlo anche le lunghe legature di portamento che si trovano sulle prime 3 battute.
La tonalità del pezzo è inizialmente incomprensibile. Compare infatti per ben 4 volte un La bemolle. Alla fine della terza battuta il pezzo si ferma su un fa diesis che almeno per il momento sembra preludere ad un affermarsi della tonalità di sol minore. Dopo una pausa di un quarto (in figurazioni di pause da 1/2 ciascuna) però, il pezzo non risolve sulla tonica di sol minore bensì riparte in maniera ancora molto misteriosa (fig. 1 ) e dopo due misure il pezzo si arresta per un tempo di 3 quarti per poi giungere con stentata tranquillità su un accordo che è stato per molti anni al centro di controversie.
Sulla settima battuta, infatti, Chopin come è dimostrato dai pezzi autografi, dispone un meraviglioso accordo arpeggiato dissonante non preparato, diviso tra mano sinistra e destra e composto rispettivamente dalle note RE SOL MIb e SIb.
Come indica anche Alfredo Casella nelle sue revisioni critico tecniche delle Ballate, per molti decenni a causa della pedanteria di alcuni editori il MIb dell’accordo venne fatto sostituire con un banale RE. Con questo sotterfugio si poteva evitare il problema delle due quinte parallele che l’originale accordo veniva a creare.
Ma facendo così si “tappava” la bocca a ciò che Chopin voleva esprimere con tutto se stesso. Il dramma. Tutta la potenza drammatica e la tensione di questa breve introduzione di 7 battute trova il suo sfogo su questo accordo. E Chopin sfrutterà poi tutta la tensione accumulata su queste note, per lanciare con grazia e malinconia il primo tema.
La comparsa del Primo Tema avviene così alla battuta numero 8. E alla battuta numero 9 si afferma la tonalità di sol. E non solo.


Inizio del primo tema
Con la comparsa del Primo Tema oltre all’affermazione della tonalità c’è anche il cambio di tempo che da 4/4 diventa 6/4. Cambia così tutto rispetto alle premesse fatte.
Il risultato teatrale di queste poche battute è eccezionale. Chopin senza usare parole, fa parlare la musica. Come se comparisse sul palco del teatro un attore mascherato per poi scoprire che sotto la maschera c’è il protagonista.

Il primo tema si sviluppa molto ampiamente. Ripeterà per ben due volte il primo periodo di otto battute variando leggermente gli elementi a sua disposizione. Dalla battuta ventiquattro Chopin inizierà a modificare sostanzialmente gli elementi tematici variandoli a poco a poco fino a trasfigurarli, per poi introdurre il secondo tema alla battuta 67.
È interessante vedere come già nella misura 33 (fig. 3 ) sono presenti figurazioni a sestine di semicrome velocissime classiche dello stile Chopiniano.



Lentamente dopo queste figurazioni il pezzo si anima e si contrappone quasi alla malinconia delle prime battute. E il carattere si fa via via più brillante mantenendo sempre un carattere severo.
Nella misura 36 compaiono nuovi elementi che non appartengono più apertamente al primo tema ma che non identificano neppure un nuovo elemento tematico. Sono da considerare quindi come uno sviluppo del Primo Tema.
Il secondo tema si presenta alla misura 67 dopo due battute in cui il compositore sembra voler smorzare tutto il fervore acquisito negli sviluppi precedenti. E mentre la mano destra tace sembra che con la mano sinistra ci inviti a seguirlo in una nuova dimensione fatta di lirismo e dolcezza. Il tema è in Mi bemolle maggiore, il la bemolle ci aiuta a capirlo.
La coda atematica inizia alla misura 208 e durerà per 54 battute in uno slancio di fuoco e agilità che sembrano voler portare all’annientamento di tutto. La disperazione che soverchia l’uomo che vi si oppone nel disperato tentativo di resistergli.
Emblematiche a parer mio sono le ultime 20 misure in cui il compositore in un turbine emotivo snocciola alternandole continuamente, scale cromatiche che lo portano verso la zona acuta della tastiera, a figurazioni velocissime che lo riportano nella zona bassa. Alla misura 251 e 255 c’è un ultimo sussulto che riporta a un lontano ricordo del primo tema.

 
Ultimi frammenti tematici

Ultimo sussulto su un destino che si sta compiendo.
Alla misura 256 inizia l’ultima scala cromatica discendente rafforzata a doppie ottave con acciaccatura, con l’indicazione di FFF. E’ la conclusione di un dramma meraviglioso con un accordo profondissimo di Sol.



Rubinstein 29 Aprile 1959

BUON ASCOLTO!

Nessun commento:

Posta un commento